CAMERA OSCURA 
(Garzanti, 1992, 3° ed. 1996)  
ISBN 88-11-64015-6  
www.unilibro.it
                    
                  
                    
                  CAMERA OSCURA 
                  (1976-1992) 
                    
                    
                  “Per voi, non sarebbe altro che una foto indifferente, una 
                                                       delle mille manifestazioni del qualunque; non può affatto 
                                                       costituire l’oggetto visibile di una scienza; non può fondare 
                                                       un’oggettività, nel senso positivo del termine; tutt’al più potrebbe 
                                                       interessare il vostro studium: epoca, vestiti, fotogenia; ma per voi, 
                                                       in lei, non ci sarebbe nessuna ferita.” 
                    R. Barthes,La camera chiara 
                    
                    
                    
                  Forse, perché 
                    nel pacco delle foto 
                    per convenzione  
                    l’urlo è muto e 
                    sta bloccato il corso  
                    nella sospesa evoluzione, 
                    avanti e indietro. 
                    Tutto è già accaduto 
                    e viene lì accertato 
                    con minimo distacco, 
                    i pregi e i torti  
                    posti sotto vetro. 
                    I vivi sono morti: 
                    colti in assenze 
                    di statuto, nell’atto 
                    di discesa senza porti  
                    ma con le sue partenze 
                    e i suoi arrivi. 
                    Morti vivi. 
                    
                    
                  Camera oscura 
                    
                   “L’elemento storico, nelle cose, non è che 
                    l’espressione della sofferenza passata” 
                  T.W. Adorno, Minima moralia 
                  “Oltre l’amore, oltre l’odio, oltre la morte,  
                    resiste ciò che ci interessa”  
                   F. Nietzsche, Cosi parlò Zarathustra 
                    
                  *** 
                  l’ombra del volto 
                    l’immagine riflessa 
                    la scia che si succede 
                    l’impronta finita 
                    sotto vetro… 
                    la proiezione di una 
                    vita che la precede 
                    rimanendo indietro 
                  la cifra data 
                    e persa, misteriosa, 
                    di un essere a  
                    cavallo, dentro e  
                    fuori: l’io dominato  
                    da un intero  assoluto 
                    e indifferenziato… 
                    le tracce di un  
                    discorso in sé smarrito 
                    perduto, scivolato 
                    sul pendio del 
                    tempo fulminato 
                  *** 
                    
                  L’oggetto che si è 
                    offerto all’obiettivo,  
                    premuto e distaccato. 
                    Messo a morte, 
                    eppure lì sospeso 
                    a tempo indefinito 
                    disegnato, per assurdo,  
                    nel suo essere proteso. 
                    L’atto mancato. 
                    
                    
                  1 
                    (Il charleston di raso 
                    con fiori di paillette 
                    e frange di perline 
                    sulle gambe nude. 
                    Le scarpine décolleté 
                    col nastro. 
                    Una mano sul fianco 
                    e l’altra a reggere 
                    i capelli dietro al collo. 
                    Le labbra strette, 
                    a cuore. 
                    Firmato, sotto, il bordo: 
                    Wanda Dell’Amore. 
                    Il 2  del 7 del ’38.) 
                    
                  Soubrette di avanspettacolo 
                    di piccoli teatri 
                    di quart’ordine 
                    attenti più che all’arte 
                    alle sue forme piene 
                    dei vent’anni.  
                  Del resto, soddisfatta 
                    del corpo che è 
                    piaciuto. “Ho dato 
                    e amato tanto, 
                    ma ho anche avuto.” 
                  Di chi è stato 
                    al di là dei torti  
                    e degli inganni pagati 
                    sulla pelle, felice 
                    nei suoi panni e 
                    consumato. Col  rimpianto 
                    che ogni cosa, incontro,  
                    tolga un grammo  
                    limando ogni giorno 
                    scavando, come l’acqua,  
                    il vuoto intorno. 
                    
                    
                  2 
                    (Vestita già  
                    di nero, lo sguardo 
                    altero, china 
                    piglia per la mano 
                    il bambino che 
                    di fianco, in grembiule 
                    bianco con uno strano 
                    collo a mantellina,  
                    punta il piede e 
                    chiede, con occhio  
                    contrariato, di 
                    essere lasciato.) 
                    
                  Fattasi figlia 
                    di suo figlio, 
                    gli pesa in braccio 
                    ora. Lo attorciglia. 
                    Ridiventata piccola  
                    ossuta e smunta, 
                    eppure dilatata 
                    su lui che è stato 
                    il frutto amato 
                    il campo e l’obiettivo 
                    di una vita accanita 
                    e solitaria. 
                  Lei che si è 
                    data a lavorare,  
                    da sé asservita 
                    ai suoi bisogni. 
                    Diventata padrona 
                    e sanguisuga: l’edera 
                    che lo ha recinto  
                    e consumato. 
                  L’impronta segnata 
                    del già stato 
                    nel ritirarsi della vita. 
                    Ruga dopo ruga 
                    ristretta, disseccata, 
                    incartapecorita. 
                    
                    
                  3 
                    (Nell’abito di organza 
                    traforato, sta 
                    in posa su di un  
                    piccolo divano.  
                    Un braccio è  
                    abbandonato  
                    sul punto di cadere. 
                    Sostiene il mento  
                    con la mano. 
                    Sotto la frangia, 
                    fissa in lontananza 
                    gli occhi neri.) 
                    
                  Presto invecchiata 
                    dal  mestiere, 
                    sulla sedia in ombra 
                    nella stanza,  
                    tenendo tutto il giorno  
                    il suo cappello, 
                    cantava piano, senza 
                    più sapere cosa, 
                    lo stesso ritornello 
  “il falchetto cacciavento  
                    piomba a terra  
                    in un momento.”  
                  Astro, folgore, cometa, 
                    freccia d’argento. 
                    Anche la traccia  
                    luminosa… 
  è tutto spento. 
                    
                    
                  4 
                    (A mezzo busto,  
                    in coppia:  
                    lui col cappello 
                    di feltro nero 
                    e una scarpetta doppia  
                    di seta bruna 
                    stretta al collo, 
                    lei un camicione 
                    a strisce da pipistrello  
                    fin sotto al mento. 
                    Uniti, sì, per distrazione. 
                    Guardano, ciascuno  
                    in una direzione. 
                    Si capisce  
                    che tirava vento.) 
                    
                  Lei non voleva, 
                    ma mio nonno d’accordo 
                    con la sua famiglia 
                    preparò le carte 
                    e la sposò, 
                    la vigilia di Natale 
                    del diciotto. 
                    Lei faceva sempre,  
                    suo malgrado, quello 
                    che le si chiedeva. 
                  Fu, nella vita, 
                    ciò che non voleva: 
                    serva e moglie 
                    tradita. Sopportò 
                    che il marito 
                    avesse due case 
                    e che le mantenesse 
                    con il suo lavoro. 
                  Non ebbe nulla o 
                    poco di quanto  
                    più sognava. 
                    E pure quel decoro 
                    che sperava 
                    le restò impedito. 
                  Sempre e ovunque  
                    andando, con il dito 
                    sulle mappe,  
                    a caccia del tesoro. 
                    Nonostante la parte  
                    che, comunque, manca 
                    al sogno di infinito. 
                    
                    
                  * 
                    I piccoli pezzi  
                    di carta, smossi 
                    dal cono spento,  
                    prendono contorno  
                    ridanno tono e mete  
                    chiamano nessi 
                    tra di loro 
                    assumono il colore 
                    del pensiero  
                    si fanno luoghi  
                    e tempi sempre più 
                    distinti, in cui  
                    ritrovano spessore 
                    le figure, spandono  
                    odore  le virtù  
                    segrete, le atmosfere, 
                    le essenze di un  
                    silenzio succulento  
                    rete scorta magazzino 
                    di immagini e sapori. 
                    
                    
                  5  
                    (In fila sullo 
                    stretto pontile 
                    dell’imbarco: 
                    la bambina con i segni 
                    della maglia, sua  
                    madre con il busto eretto, 
                    il padre in cima 
                    a tutti, nella  
                    tavola inclinata 
                    sul mare che li abbaglia 
                    al varco della sera. 
                    E, dietro, in ancora 
                    lo stemma dei Savoia 
                    trema sulla vela.) 
                    
                  Lui, monarchico 
                    in casa socialista, 
                    era la pecora nera 
                    della famiglia. 
                    Sua moglie, sarta, 
                    lo spingeva dicendo 
                    che ci avrebbe  
                    guadagnato più rispetto. 
                  Lui, che era stato  
                    ardito e, poi fascista 
                    della prima ora. 
                    Con un gruppo di amici 
                    si vedeva, per vincere  
                    la noia, a dividersi 
                    l’Europa sulla carta. 
                   Ammazzato con gli altri 
                    sull’argine del fiume, 
                    una mattina presto. 
                    Scovato, dentro al cesto 
                    con le piume d’oca, 
                    sulle tracce della 
                    figlia mentre gioca nel 
                    cunicolo della cantina,  
                    discesa e risalita  
                    fino alla rovina. 
                    
                    
                  6 
                    (In piedi,  
                    con la mano sul bracciolo 
                    di un divanetto  
                    in legno. 
                    Un largo basco 
                    da cui escono a corona  
                    i capelli, su di 
                    un abito pesante 
                    con gonna a pieghe  
                    e redingote 
                    con il colletto 
                    e i polsi di velluto. 
                    Sullo sfondo,  
                    un telone di broccato 
                    tenuto da un cordone  
                    di volant,  
                    dietro al testa. 
  È segnata la data: 
                    1.4 del  ’18.) 
                    
                  Per lei è rimasto  
                    Il periodo più bello  
                    della sua vita, 
                    quello in  cui 
                    ragazza, dal paese 
                    di montagna,  
                    era scesa a servizio 
                    in una casa borghese  
                    di Firenze. 
                  Le piacevano i viali  
                    all’ora del passeggio  
                    e gli ombrellini 
                    aperti con il sole 
                    e le carrozze ferme 
                    sul lato della strada. 
                    E, alla domenica,  
                    vestirsi a festa 
                    per fare pure lei 
                    la sua figura. 
                  Si è convinta che  
                    solo lì, davvero,  
                    le hanno voluto bene  
                    e già da allora 
                    era paura che provava  
                    e non curiosità  
                    per ciò che la aspettava. 
                    
                    
                  7 
                    (Quasi calvo, 
                    un viso tondo 
                    segnato da due baffi 
                    folti e scuri.  
                    Nella giacca  
                    di fustagno,  
                    con la striscia  
                    di velluto nero 
                    sul risvolto. 
                    Il padre di mio padre.) 
                    
                  Quest’uomo che non ho 
                    mai conosciuto  
                    e dal quale dipende 
                    la mia vita. 
                    Mancato a torto, 
                    credevo,  poco o molto  
                    al nostro appuntamento. 
                  Di lui sapevo a stento 
                    che, restato vedovo, 
                    si era risposato  
                    a dispetto di suo figlio 
                    e che, colpito da trombosi, 
                    era rimasto a letto 
                    anni e poi era morto. 
                  Per me bambino 
                    era diventato 
                    per non so 
                    quale effetto,  
                    l’immagine concreta  
                    di un pensiero, in fondo 
                    neppure tanto strano:  
                    la colpa dell’immenso  
                    disordine del mondo.  
                    
                    
                  8 
                    (Il berretto,  
                    la giubba con il collo 
                    quadrato e un cordone  
                    bianco corto 
                    sotto il braccio. 
                    Sulla nave 
                    in miniatura, 
                    pronta a salpare  
                    con la prua di cartone 
                    dal suo porto.) 
                    
                  Oggi, di colpo, se 
                    si lascia andare,  
                    dicono, è perché  
                    cade ammalato: 
                    il crollo di pressione. 
                    Oppure, peggio, 
                    che lo fa perché  
                    si è ormai fissato. 
                  Lo sa che è  
                    un’impressione. 
                    In lui, quando  
                    ci pensa, che la vita 
                    sia sempre già passata 
                    e non si possa più  
                    giocare la partita. 
                    Mancata ogni altra 
                    chance, perduta  
                    ormai finita. 
                  Ma il venir meno 
  é  frutto della 
                    sensazione dolorosa: 
                    che sia stato  
                    ingannato e derubato, 
                    in tutto, di qualcosa. 
                    
                    
                  * 
                    La  presenza cancellata: 
                    l’idea di una  
                    cosa inanimata  
                    portata al  punto 
                    di farsi essenza  
                    definita, eppure intanto 
                    volto opaco e  
                    senza  vita. Segno  
                    evidente dello squarcio  
                    sul quadro decoroso  
                    dell’invalicabile distanza  
                    del salto e del trapasso 
                    nella scandita finzione  
                    del presente.  
                    
                    
                  9 
                    (Il bambino  appoggiato 
                    alle ginocchia di  
                    suo padre, che muove 
                    intento la manopola 
                    e muto addita. Con la  
                    madre che guarda, rapita  
                    e tesa sulla radio. 
                    Nel cerchio d’oro 
                    del salotto.) 
                    
                  Si può dire  
                    ch’io sia nato 
                    e poi cresciuto, 
                    via via allevato 
                    all’ombra del decoro. 
                  Disposto a ringraziare 
                    del poco ma sicuro,  
                    contento ma non  
                    troppo. Propenso  
                    eppure ostile  
                    a ogni rivolta, 
                    portato a coniugare  
                    in assoluto rifiuto e senso  
                    del rispetto. 
                  Oh, il riflesso 
                    amato, dall’orlo  
                    già mai netto,  
                    cola in eccesso… 
                    la cima dell’abbaglio 
                    sull’oggetto. 
                    
                    
                  10 
                    (Con l’elmo a punta 
                    e la mantella,  
                    sul cavallo finto.  
                    Contro lo sfondo  
                    cupo, di foresta. 
                    Una mano sul fianco  
                    e l’altra a sostenere  
                    la sciabola, su,  
                    tra testa e spalla. 
                    Ride con qualcuno,  
                    davanti, che – si  
                    suppone – l’accompagna. 
                    A penna, sul bianco 
                    del cartone,  
  è appuntata la data: 
                    18 maggio del ‘908.) 
                    
                  Partito, per il nord 
                    della Germania,  
                    a lavorare in fabbrica.  
                    Si divertì, malgrado 
                    le dieci ore e più      
                    al giorno. In fondo, 
                    sempre meno che  
                    a rimanere a casa. 
                    Venuto in simpatia 
                    alla figlia del padrone, 
                    capì, a un tratto, che  
                    si poteva sistemare.  
                  “E la mamma…e 
                    io, allora. Che  
                    fine avremmo fatto?” 
                    La mia richiesta 
                    disperata al nonno, cui 
                    tornava a galla per  
                    chissà quale ragione  
                    quel ricordo. 
  “Ma… aveva una  
                    testa da cavalla.” 
                    
                    
                  11  
                    (Io, di sei anni, 
                    credo. Distratto, ma 
                    non troppo, dal gioco 
                    al tavolino con i  
                    tasselli dell’alfabetario. 
                    Nonostante lo stato 
                    precario della sedia, 
                    immerso lì lo stesso  
                    a combinare incroci 
                    sul quadrante) 
                    
                  La parola, per me,  
                    veniva da distante. 
                    Un a priori, quasi, 
                    l’avvertivo. Un eccitante. 
                    In un processo in 
                    qualche modo inverso. 
                    Nel darle per riscontro 
                    una realtà che invece, 
                    più toccata e presa, più 
                    sfuggiva inconsistente 
                    ai cinque sensi. 
                  Con l’effetto di essere 
                    lanciata contro un corpo  
                    pronunciato e, nel suo  
                    dirlo, di colpo riafferrato. 
                    
                    
                  12 
                    (In posa, senza  
                    panni, seduto 
                    sul muro di recinto, 
                    con insolenza 
                    stringe tra le labbra 
                    un filo d’erba.  
                    Il mento sollevato,  
                    lo sguardo 
                    rovesciato su qualcosa  
                    o su qualcuno  
                    là vicino. 
                    Un ginocchio 
                    puntella con la mano. 
  È annotata l’età: 
                    ventitré anni.) 
                    
                  Dalla morte lo salvò, 
                    a stento, solo il confino. 
                    Ma era diventato strano 
                    e non voleva uscire. 
                    Come un bambino. 
                  Per casa, andava 
                    in cerca di occupare gesti 
                    e non tenersi in bilico 
                    nel tempo. Spinto  
                    sulle tracce della gatta  
                    ogni momento. 
                    
                    
                  * 
  …un reale  
                    ricomposto, reso 
                    logico e ordinato  
                    sottratto al  
                    flusso incontrollato  
                    della vita, atteso 
                    al passo e 
                    scivolato nel lungo  
                    e stretto corridoio,  
                    nel collo dell’imbuto  
                    che l’ha raccolto   
                    frantumato e  
                    reso per incanto  
                    in un suo essere 
                    compiuto e, nello 
                    spazio di un istante, 
                    intatto e ritrovato.  
                    
                    
                  13 
                    (Sul lungomare 
                    in piena estate. 
                    Lo chemisier 
                    frizzante e  
                    una borsetta bianca. 
                    Si gira e parla. 
                    La guardo che  
                    mi guarda,  
                    ed è beata.) 
                    
                  Mia madre, amata
                  e, per amarla,  
                    tenuta più lontano. 
                    Taciuta e distaccata 
                    in  ogni piano,  
                    sentita straripante 
                    e spesa a rate. 
                    Rivista a tappe 
                    da una mia vita 
                    autonoma e distante. 
                  Legata al morso  
                    dell’attesa, 
                    senza presa, tra  
                    noi, di un discorso.  
                    L’altro capo  
                    del filo che mi tira,  
                    la forza di un percorso  
                    senza uscita. 
                    
                    
                  14 
                    (Gli occhi a spillo  
                    nella stretta galleria 
                    tra la stola, su oltre  
                    la gola e il mento,  
                    e un cappello con  
                    la visiera ornata  
                    di retina. 
                    Sulla foto un poco 
                    maliziosa e 
                    ricercata 
                    vergata, sotto,  
                    anche la firma 
                    con pallida grafia  
                    netta e rotonda.) 
                    
                  Non c’era cosa  
                    che non dicesse 
                    di saper fare.  
                    Mai ferma o  
                    con le mani in mano. 
                    Senza posa. “Sì, 
                    però la mia…”. 
                    Il suo argomento: 
                    la casa e la cucina. 
                  Oggi, bloccata 
                    tutto il giorno  
                    sulla poltrona  
                    davanti alla finestra, 
                    vuole legata 
                    la cagnetta  
                    alla spalliera  
                    nella stessa prigionia. 
                  Adesso o poi, 
                    comunque in un andante  
                    che crolla e slitta  
                    via, un fiotto di cascata,  
                    qualunque cosa sia. 
                    
                    
                  15  
                    (I capelli tirati 
                    sulle spalle, 
                    gli occhi  
                    piccoli e vicini             
                    e una mano  
                    a cingersi la gola. 
                    In un vestito 
                    a pois. Di poco  
                    oltre i vent’anni.) 
                    
                  Costretto dallo strano  
                    invito al  tavolo  
                    col gioco del proibito, 
                    distratto tuttavia  
                    per la sua spola  
                    dalla stanza accanto, 
                    il viso rosso, in fretta 
                    a prender le mutande 
                    appese con i panni  
                    sopra il fuoco.  
                    Bisbigli, intanto, 
                    e gridi  soffocati  
                    oltre la porta. 
                  Preso e roso dalla 
                    gelosia, per vendetta  
                    su di lei addosso 
                    poi a graffiarla, 
                    sdegnoso, a più  
                    non posso. Ma, alla  
                    mamma, no… per  
                    un  inteso patto 
                    tra di  noi, neppure 
                    una parola. Mi 
                    lasciava, se era  
                    sola, strisciarle  
                    tra le gambe mentre 
                    stirava e là frugarle  
                    nella gonna corta. 
                    
                    
                  16 
                    (Con il grembiule  
                    che pare un tendina 
                    appesa al collo,  
                    la mano tesa a salutare  
                    e un piede imposto  
                    con aria soddisfatta 
                    sopra la cestina. 
                    Presa di profilo, 
                    la scena, in questo 
                    avanzo di cartolina.) 
                    
                  Nell’aula dell’asilo 
                    tenuti il dopopranzo 
                    con il capo sul ripiano  
                    nel dovere di stare 
                    silenziosi, guardarsi 
                    magari di nascosto 
                    e ridere sepolti, 
                    purché non colti  
                    di sorpresa 
                    e messi all’angolo. 
                  Furtive, scorrevano 
                    lontano e senza posa  
                    le grasse suore, 
                    entrando uscendo in coro  
                    da porte invalicabili 
                    per noi lungo i celesti 
                    corridoi e come ritraendo  
                    con vigore nelle nere  
                    vesti, brano a brano, 
                    le loro carni rosa. 
                    
                    
                    
                  * 
  È, forse, morto  
                    quel passato?  
                    O si nasconde fuori 
                    del suo campo,  
                    in un oggetto fermo 
                    e distaccato… 
                    Il pezzo di focaccia  
                    inzuppato nella  
                    tazza, quel  
                    sapore ritrovato 
                    all’improvviso, 
                    tenuto e trasalito 
                    fermato e  ridisceso 
                    in ciò che a caso 
                    può essere evocato  
                    da un’immagine 
                    che per riflesso 
                    lo rende immaginato, 
                    appena percepito  
                    nel turbinio di segni 
                    smossi sul tracciato. 
                    
                    
                  17 
                    (Una maglietta, 
                    taglia di misura 
                    sui pantaloni  
                    che mi diverto intanto 
                    ad abbassare  
                    ridendo all’obiettivo. 
                    Con la cintura però 
                    di nuovo stretta  
                    sopra ai panni. 
                    Il giugno del ’54 
                    a cinque anni.) 
                    
                  Tutte le mattine,  
                    al nostro arrivo, 
                    la solita battaglia  
                    per le piastrelle  
                    del cortile. Date 
                    in concessione  
                    a discrezione di noi 
                    tiranni principianti, 
                    da colorare con 
                    i pezzi di mattone,  
                    a file di aspiranti. 
                  Amministrate, poi 
                    per quelle tre bambine  
                    che era intesa, e certo 
                    aspirazione non sciolta 
                    dal senso della colpa, 
                    avere da toccare  
                    presa ognuna in fretta 
                    dietro ai cespugli  
                    del muretto. Anche 
                    se con poca polpa 
                    ancora tra le gambe  
                    e acerbo petto. 
                    
                    
                  18 
                    (La sigaretta  
                    in mano  
                    col braccio ripiegato 
                    al petto, in mezzo 
                    ad altra gente, 
                    ascolta me 
                    che quasi a lui 
                    mi aggrappo. 
                    Sorridente, però 
                    anche lontano. 
                    La giacca di velluto, 
                    sopra a un maglione  
                    che è liso e corto.) 
                    
                  Nel suo parlare 
                    non già di Dio 
                    ma del destino, 
                    l’avevo colta… 
                    in quelle macchie  
                    sulla pelle  
                    nell’alito tagliente  
                    nei panni flosci 
                    dell’accondiscendente, 
                    della licenza e dello  
                    strappo alla regola. 
                  Mi  balenò, a sei anni, 
                    la prima volta 
                    l’idea di inconsistenza e 
                    dell’inarrestabile 
                    declino, il correre  
                    di tutto a un punto morto. 
                    
                    
                  19 
   (Un grembiulino 
                    chiaro, i calzettoni  
                    a righe e i sandali  
                    coi buchi. Mio 
                    padre attento, e  
                    preoccupato, a un cane 
                    truce ma impagliato. 
                    Segnato, sotto,  
                    il conto e, a lato,  
                    l’occasione: 
                    il quarto compleanno. 
                    Ottobre del ventotto.) 
                    
                  Io, diventato per 
                    inversione il padre  
                    di mio padre, in  
                    questa immagine  
                    ostruita, rimasta 
                    allo stato di passato. 
                  Rovesciato  
                    il rapporto  
                    di grandezze, 
                    in un’ottica 
                    che, assente,  
                    resta comunque  
                    equivalente. 
                  Pronto, e contento,  
                    a prenderlo per mano 
                    a parlargli del mondo  
                    e della vita, 
                    guidandolo lontano. 
                    
                    
                  20 
                    (Il  piccolo vestito 
                    gonfio, stretto al  
                    laccio, con tutta  
                    la ricchezza 
                    sotto il busto  
                    e le spalle ornate  
                    di perlina. 
                    E io che tiro, con  
                    aria di stanchezza,  
                    per un braccio  
                    la bambina.) 
                    
                  L’estate, dopo pranzo, 
                    chiuso nel terrazzo 
                    a pianterreno. 
                    Se non scappavo, 
                    saliva a volte su  
                    la Marcellina. 
                    Morso sugoso, polpa 
                    di pesca e frutto pieno. 
                    Sdraiati in mezzo  
                    ai vasi dei gerani. 
                  O, all’erta e al buio 
                    giù in cantina 
                    sulle cassette della frutta, 
                    a lei piaceva 
                    tenere tra le mani 
                    quello che prendeva. 
                    A me, il gusto solo  
                    di essere preso. 
                    E l’idea che era ingiusto, 
                    per me, e svantaggioso  
                    che non avesse 
                    pure lei il coso. 
                    
                    
                  * 
                    Il colmo, la radice, 
                    sì, delle persone: 
                    la dimensione complessiva,  
                    un’estensione dell’oggetto 
                    a simbolo e funzione  
                    di tenuta, di durata. 
                    Il punto pieno  
                    che senza termini 
                    contiene il senso 
                    illimitato in cui  
                    per convenzione  
                    coincidono slancio 
                    e ricaduta dell’azione.  
                    
                    
                  21 
                    (Io che guardo  
                    fisso, avanti a me.  
                    Ed ho un grembiale 
                    con la cintura  
                    e i calzettoni della  
                    stessa tinta scura. 
                    Le braccia, lungo i 
                    fianchi. Ma non  
                    disteso affatto, anzi  
                    pallido e contratto,  
                    sul chi va là.) 
                    
                  Mi aveva preso  
                    un senso un po’ smarrito  
                    di disdetta e di stupore  
                    alla scoperta  
                    che uno non trovi  
                    mai il posto  
                    che gli spetta  
                    e non riesca a 
                    stare a una misura. 
                  Ed è finito, per me, 
                    in sospeso il fatto 
                    che vivere sia come 
                    scoprire qualcosa 
                    di interdetto 
                    e di proibito, 
                    che tutto nasca e  
                    cresca di nascosto, 
                    che avvenga insomma,  
                    sì, nella paura. 
                    
                    
                  22 
                    (Ho una maglietta  
                    larga, che copre  
                    gli altri panni.  
                    I sandali di cuoio. 
                    Tenuto per la mano 
                    alla ringhiera,  
                    dal ponte fisso il mare  
                    e una barca che  
                    passa lì di fronte. 
                    Ho sette anni.) 
                    
                  Eccola, 
                    sciolta al vento 
                    la vela dell’infanzia 
                    all’orizzonte. 
                    Si impenna a tratti incerta 
                    riprende la sua fuga  
                    più lontano. 
                  Scolpita sembrava 
                    la mia rotta  
                    e indubitabile, in  
                    qualche modo aperta. 
                    Sogni, progetti e piani 
                    tutti, i più strani, 
                    veloci e via guizzanti 
                    sopra i flutti. 
                  Se guardo indietro, ora, 
                    mi vedo un po’ annegato 
                    dal vuoto che, come 
                    un vetro, si è posto  
                    tra il me di adesso e 
                    quello più  discosto. 
                    Per quanto rivelato  
                    in molti luoghi e 
                    aspetti, tanto 
                    più nascosto. 
                    
                    
                  23 
                    (Ride mia madre 
                    rovesciando il viso, 
                    e muove appena  
                    i capelli ondulati 
                    indietro sulla schiena. 
                    Il giovane magro, 
                    oltre lei levando 
                    pensoso lo sguardo, 
                    sta come incerto 
                    di un sorriso. 
                    Nella tiepida sera  
                    che si indovina.) 
                    
                  Ai cespugli del fiume  
                    guidò mia madre  
                    il primo innamorato 
                    e suo fratello geloso 
                    spiando i loro passi  
                    gli correva dietro  
                    tirando sassi. 
                  Cadde di mattina 
                    in un addestramento  
                    prima di partire  
                    per il fronte.  
                    E a lei  andò, con  
                    l’eco della gloria, 
                    il poco che tra i resti 
                    fu trovato. 
                  Sfogliandone i ricordi, 
                    sempre ho pensato  
                    a quel che era e che  
                    poteva non essere stato, 
                    al caso cui si lega 
                    ogni storia. 
                    
                    
                  24 
                    (Mio padre  
                    giovanissimo, insieme  
                    ai suoi compagni 
                    che si intuiscono  
                    di fronte. 
                    Scherzano,  
                    e lui risponde  
                    mimando  
                    gesti sessuali.) 
                    
                  Tra pratiche di  
                    vecchio e nuovo corso,  
                    in un ufficio  
                    della ricostruzione, 
                    ci fu l’incontro 
                    con la ragazza che era  
                    mia madre, allora. 
                    E principiò la storia 
                    che mi riguarda 
                    ancora. 
                  È stato giovane e  
                    anche lui ha imparato  
                    vicende e parti dell’amore. 
                    Eppure, tra di noi   
                    con muto patto 
                    fingiamo di ignorare 
                    che stia provando l’uno  
                    quel che l’altro  
                    ha già fatto. 
                    
                    
                  * 
                    Figure e oggetti, sulla  
                    traccia del concreto,  
                    che disegnano l’altra 
                    faccia del presente  
                    scisso, evanescente e  
                    sfilacciato: quella  
                    del discorso sistemato, 
                    fatto logica porzione 
                    di un immenso, specchio 
                    o ritratto di un valore  
                    rifondato, esperibile 
                    immanente… alfabeto,  
                    perfino dall’abisso,  
                    del non senso. 
                    
                    
                  25 
                    (Camicia e  
                    cravattina sotto  
                    a un giubbetto. 
                    Mani dietro alla 
                    schiena, appoggiato  
                    con la spalla al  
                    muretto del terrazzo. 
                    L’espressione un po’ 
                    perplessa, tra  
                    il soddisfatto  
                    e l’imbronciato. 
  È dichiarato l’anno, 
                    aprile del ’57.) 
                    
                  Vedendomi  
                    su questa foto  
                    non mi chiedevo, allora, 
                    che sarebbe stato. 
                    Ero sicuro 
                    che più avanti,  
                    comunque andasse, 
                    ancora  
                    mi sarei guardato. 
                  La cosa  strana è che  
                    non mi sentivo 
                    essere, affatto, ma 
                    proprio già passato. 
                    Come colto e fermato  
                    di volta in volta 
                    in quella posa  
                    contro il muro. 
                    Allontanato da me 
                    e, in parte, escluso 
                    da ogni possibile futuro. 
                    
                    
                  26 
                    (Mia sorella  
                    di pochi mesi,  
                    avvolta in un grembiule  
                    che la preme. 
                    La tengo, perplesso,  
                    per un dito. 
                    Quasi smarrito. 
                    Le stesse orecchie, 
                    uguali e occhi  
                    e naso e bocca.  
                    Ho cinque anni.) 
                    
                  Poi, scocca l’ora 
                    che uno neanche teme. 
                    Essere stati assieme: 
                    scoperte e giochi 
                    negli stessi panni… 
                    e arrivare  
                    a perdersi di vista. 
                  Trovarsi raramente  
                    e non avere, adesso,  
                    niente più da dirsi. 
                    Di qua e di là 
                    da un muro, 
                    magari in cima. 
                    Ognuno assunto 
                    un ruolo, la parte  
                    di una vita che  
                    prima era comune  
                    e ora dista chissà 
                    per quali eventi. 
                  L’oscuro delle  
                    rette divergenti 
                    da un punto  
                    sulle carte  
                    all’infinito. 
                    
                    
                  27 
                    (Di me, che vengo 
                    a me più grande  
                    e più lontano, 
                    l’immagine che  
                    avanza dallo specchio  
                    di un vecchio armadio, 
                    nell’anta che si 
                    apre piano piano. 
                    Con una mano tesa 
                    a fare, forse, da 
                    difesa e, l’altra, 
                    stretta alla maglietta  
                    nell’atto emerso  
                    di coprirci il viso.) 
                    
                  È che restavo  
                    ignoto, nel complesso,  
                    nel senso del ritratto  
                    e del contorno  
                    che si era lì riflesso. 
                    Distratto per l’inverso 
                    da me stesso  
                    nel mio apparirmi  
                    di colpo più preciso,  
                    perso nel chiuso 
                    nei punti dell’oggetto. 
                  E, oggi, ancora 
                    cogliendomi diviso 
                    da quello che mi penso  
                    non mi vedo, 
                    né giovane né vecchio 
                    non so se bello o brutto. 
                    Mi avverto come ingombro  
                    oppure mi scompaio 
                    quasi del tutto. 
                    
                    
                  28 
                    (Mia madre  
                    mentre getta 
                    indietro la testa  
                    sulla camicetta  
                    di seta, sorridente. 
                    In un cappello  
                    nero. L’abito 
                    leggero, fantasia. 
                    Con una mano 
                    stretta sulla gola. 
                    Piena di vita, 
                    ardente.  
                    Sui  vent’anni.) 
                    
                  Ma non la riconosco. 
                    La guardo e non  
                    la vedo: il modo 
                    non mi è noto. 
                    Come quando frugavo  
                    nella sua borsetta,  
                    tra la scatola di cipria 
                    lo specchio e la limetta. 
                  Che lei vivesse 
                    e fosse già felice… 
                    mentre io non c’ero, 
                    non esistevo  
                    neppure come soffio  
                    o impronta o vuoto. 
                    
                    
                  * 
                    La scoperta che  
                    i tanti minimi  
                    e spaiati tratti  
                    appartengono allo stesso  
                    sistema generale, 
                    fatto di parti  
                    e di rapporti  
                    che hanno perfino  
                    un senso, nel loro  
                    disordine totale. 
                    
                    
                  29 
                    (I genitori, dietro. 
                    Il padre, in piedi, 
                    soddisfatto tenendo  
                    la mano della figlia  
                    che lo guarda  
                    di sbieco, sotto la tesa 
                    della paglietta, un occhio  
                    attento all’obiettivo 
                    e l’altra mano stretta  
                    a stendere le pieghe  
                    del vestito.  
                    La madre sta inchinata: 
                    sorregge il piccolo, 
                    con un cappello di carta  
                    di giornale e col secchiello, 
                    salito in equilibrio  
                    sul cavallo a dondolo.) 
                    
                  Di  lui, della  
                    sua corsa 
                    giorno su giorno: 
                    il negozio, la casa  
                    la famiglia. 
  “Per i figli, 
                    Giovanna…” . 
                  Eppure, già il destino 
                    che lo piglia 
                    alle spalle,  
                    segnata  la condanna  
                    senza appello. 
                    E non pensare, se mai  
                    ne avesse il tempo, 
                    che si assottiglia, 
                    e inganna, la distanza,  
                    sul cammino. 
                  Crepato, lui, 
                    di cancro all’intestino  
                    e morta, a un anno, 
                    di tumore, lei, 
                    al cervello. 
                    Il più giovane 
                    andato giù di testa  
                    e la figlia che si affanna 
                    a tappare i buchi,  
                    a fare i conti  
                    di quanto resta,  
                    per curare il malanno 
                    del fratello,  
                    pagata all’occasione  
                    per due volte  
                    a danno e ingenuità 
                    la successione. 
                    
                    
                  30 
                    (Tutto raccolto, 
                    le mani giunte  
                    sopra  il naso, 
                    inginocchiato sulle scale  
                    a recitare le orazioni. 
                    Con gli occhi fuori, 
                    però, distratto  
                    dalle intenzioni, per 
                    apparire nel ritratto. ) 
                    
                  Scoperto per caso 
                    da mia madre 
                    sdraiato a letto, 
                    le tasche dei calzoni  
                    piene di donne nude  
                    figure appetitose  
                    tagliate dal giornale. 
                  Minacciato di oscure  
                    punizioni, di morte  
                    e di catene. 
                    Eppure, nonostante  
                    le paure, coinvolto  
                    e attratto  
                    dalla logica per cui 
                    le cose belle  
                    devono far male. 
                  Scende, sale 
                    precipita nel vuoto 
                    e a niente  
                    vale… 
                    
                    
                  31 
                    (I baffi  scuri  
                    a spazzola, 
                    posa con la  
                    divisa di cavalleria.  
                    Di sé sicuro  
                    ma distratto, 
                    appoggiato con una  
                    mano alla colonna  
                    e l’altra al muro.) 
                    
                  Il nonno rifiutava 
                    di iscriversi al  
                    partito e, di notte, 
                    venivano a picchiarlo. 
                    Mia madre ci si 
                    prese il malcattivo.  
                    Se ne dovette  
                    andare dal paese, perché   
                    non lo lasciavano 
                    più stare. 
                  Da allora non poté 
                    che sopravvivere. 
                    L’aveva già capito 
                    che nulla, o molto poco, 
                    per lui era cambiato. 
                    Ma mai che andasse  
                    a vantare in giro il  
                    suo passato. 
                  Eroe di un tempo 
                    un po’ attempato,  
                    in cambio di un’idea 
                    di libertà, fu  
                    offeso e poi tradito. 
                    Analfabeta, di domenica,  
                    comprava l’Unità.  
                    
                    
                  32 
                    (Il piccolo  fagotto  
                    abbandonato in mezzo 
                    a nastri e fiocchi, 
                    nel cestino, avvolto  
                    in fiori bianchi. 
                    Stampato, sotto,  
                    unito ai dati  
                    un novenario: “Nulla 
                    della vita  conobbe”.) 
                    
                  Dentro la sacca  
                    di acque fu, alla 
                    deriva, naufrago. 
                    Portò non i suoi pensieri, 
                    piaceri e ansie 
                    d’altri. 
                  Pesce di un mare minimo  
                    fu tratto fuor dal vaso, 
                    da ombra piena 
                    fu distaccato 
                    e, pur per poche ore,  
                    denunciato alla legge  
                    e all’elenco degli  
                    uomini stati. 
                  Stato era solo 
                    assestamento di funzioni 
                    non riuscito. Qualcuno  
                    principato e 
                    mai finito. 
                    
                    
                  * 
  … un segno  
                    il dato, ma non 
                    memoria o nostalgia, 
                    di ciò che è stato.  
                    Amato o non amato 
                    comunque, sconosciuto. 
                    Perduto totalmente, 
                    caduto dentro  
                    il suo finire in  
                    quello stesso  
                    essere fissato 
                    prima di perire. 
                    
                    
                    
  
                    
                    
                   
                   
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